Carte d’Italia

L’Arte di Rappresentare i Mondi

 

IODOCUS HONDIUS, 1600 – Nova Italiae Delineatio

Nova-ItaliaeIncisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza

Formato cm. 82×67 – ITA 04

Formato cm. 55×46 – ITA 05

Il più antico procedimento di stampa è la xilografia, sviluppatasi sin dagli inizi del Quattrocento soprattutto nei Paesi Bassi, in Germania e in Francia. Questa tecnica consisteva nell’usare come matrice una tav­oletta di legno duro (pero, ciliegio, bosso, melo) ben stagionata e levi­gata sulla quale a matita e poi ad inchiostro veniva eseguito il diseg­no, successivamente inciso con una serie di attrezzi metallici che asportavano le parti destinate, in fase di stampa, ad essere le zone bianche. Servendosi quindi di un tampone o di un rullo veniva steso sulla matrice l’inchiostro che risultava uniforme dal momento che tutte le parti in rilievo giacevano sullo stesso piano. La stampa poteva essere fatta a mano, premendo sulla matrice inchiostrata un foglio di carta oppure usando una pressa piatta in modo che matrice e foglio, stretti tra due piani, aderissero bene l’uno all’altro.

Questo procedimento, lento, laborioso e piuttosto grossolano fu pro­gressivamente soppiantato dalla tecnica dell’incisione su lastra metal­lica sia a bulino (tecnica diretta) che all’acquaforte (tencica indiretta). Si ritiene comunemente che il procedimento dell’incisione sia nato nell’ambiente degli orefici e si attribuisce a Maso Finiguerra,orefice fiorentino, l’invenzione della stampa in cavo. Ciò che distingue l’in­cisione a bulino da quella all’acquaforte o acido è il segno o solco scavato nella lastra, più morbido e fornito di bordi leggermente irre­golari nel caso di procedimento all’acquaforte. Per questo motivo la tecnica esecutiva all’acido era utilizzata anche nel campo artistico per ottenere quei risultati pittorici ricercati dai peintre?graveur. Tale tec­nica giunse al massimo grado di qualità espressiva nella seconda metà. del Settecento e solo con il diffondersi della litografia, nel secondo decennio dell’Ottocento, questo procedimento di stampa fu definiti­vamente abbandonato e questo non per la qualità della riproduzione, ma per la velocità di esecuzione. Manuale, con una copia alla volta nel primo caso, elettromeccanica nel secondo.

Certo potrà apparire anacronistico che oggi, nell’era dei computers e delle stampe digitali, qualcuno abbia pensato di riproporre antiche mappe con l’uso della stessa tecnica, degli stessi materiali, delle stesse attrezzature. Ma provate ad osservare uno stesso soggetto realizzato a stampa ofsset o digitale con uno eseguito con la tecnica dell’incisione. Le sensazioni che quest’ultimo riesce a suscitare non sono minima­mente paragonabili a quelle che proviamo nell’osservare una comune riproduzione.

Questa NOVA ITALIAE DELINEATIO è stata realizzata con tale tec­nica e successivamente montata su tela “a stacchi”. (Questa oper­azione, molto comune nei secoli scorsi, veniva effettuata per raggiun­gere due obbiettivi. Il primo era quello di avere una mappa che durasse più a lungo nel tempo, ed il secondo era quello di avere la pos­sibilità di ripiegare la carta stessa al fine di agevolarne il trasporto.) Solo l’invecchiamento, ovviamente, è un’aggiunta a quanto facevano gli antichi cartografi. Opera di Todocus Hondius (1563?1611), questa Italia è stata definita bellissima dal punto di vista artistico ed interes­sante per la sua relativa esattezza. E’ dedicata dall’autore alla Repubblica Veneta ed è munita di due scale: Miliaria Italica commu­nia e Miliaria Germanica communia. Le raffigurazioni riportate ai margini della carta contribuiscono a trasformarla in un vero e proprio soggetto ornamentale. Prodotta in un numero limitato di esemplari, questa rappresentazione cartografica è stata realizzata per durare nel tempo, senza perdere la sua principale caratteristica: la bellezza.

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MATTEO GREUTER, 1600

Italia

Italia-di-Greuter-corretta

Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”

 

Formato cm. 208×114 – ITA 13/A

Formato cm. 104×57 – ITA 13

 

Affermare con sicurezza l’epoca in cui è nata la cartografia sarebbe senza dubbio pretenzioso, dato che affonda le sue origini nella leggenda. Basti pensare che alcu­ni pretendono di ravvisare nell’otre donato da Eolo ad Ulisse una pergamena con sopra tracciate le linee dei venti. Altri ancora affermano che i dieci libri sacri con­servati dai sacerdoti egiziani contenessero anche carte dell’Egitto. Sono sicuramente leggende, ma rimane un fatto assodato che anche popoli più arretrati delle prime civiltà organizzate possedessero rudimentali mappe tracciate sui più svariati materi­ali, come corteccie di albero o intrecci di costole di foglie e conchiglie. Possiamo parlare di scienza cartografica solamente con Anassimandro da Mileto (611?541 a.C.), indicato da Strabone e Diogene Laerzio come il primo ideatore della mappa dell’ecumene. La scienza cartografica ha dunque origine su suolo greco ed è con questi illustri ingegni che inizia la sua evoluzione documentata. Successivamente un notevole sviluppo al progresso cartografico lo dobbiamo alle spedizioni di Alessandro Magno, alle scoperte di Pitea di Marsiglia, all’evoluzione scientifica generale legata al nome di Aristotele che fornisce le prove di quel con­cetto di sfericità della Terra, già intuito dai suoi illustri predecessori.

La conclusione della cartografia classica è una delle conseguenze della conquista romana. L’inarrestabile ampliarsi dell’impero introduce nuove scoperte geografiche, rendendo inadeguate le vecchie carte greche; non solo, ma l’esigenza pratica del mondo latino sostituisce la speculazione a fini prettamente scientifici del mondo greco, nonostante gli sforzi di illuminati ingegni, come Tolomeo, Eratostene, Marino di Tiro, che cercano di far progredire la scienza cartografica. Nel Medioevo Cristiano tali sforzi sono pressoché inesistenti. Una non corretta interpretazione della Bibbia e delle Sacre Scritture costituiscono addirittura una netta involuzione della scienza cartografica. Nel mondo arabo accade esattamente l’opposto e questo perio­do vede fiorire numerose scuole, dove la cartografia si lega alla geografia.

L’epoca più significativa per la storia della cartografia va dalla fine del 1300 alla fine del 1600, anche se di un vero rinascimento in campo cartografico si può parlare solo dal 1400 in poi. Le carte diventano più tecniche per poter far fronte alle crescenti esigenze dei navigatori, bisognosi di maggiori certezze durante le loro esplorazioni; non solo, ma dal Cinquecento in poi si arricchiscono di elementi decorativi che, se da un lato testimoniano l’estro artistico dell’antico cartografo, da l’altro sono desti­nati, talvolta, a riempire i vuoti di conoscenza dei compilatori.

Il Seicento assiste al trionfo e allo splendore della scuola olandese. Una tranquilla agiatezza, unita alla più ampia libertà di pensiero fanno dell’Olanda seicentesca un ottimo rifugio per letterati, pensatori e artigiani stranieri, che qui trovano rifugio. Questo periodo, definito età d’oro degli Olandesi, coincide con la fortuna di alcune case editrici, come quelle degli Elzevier e dei Blaeu, mentre in altri stati europei si assiste ad un ristagno della cultura cartografica, dovuto anche ad avvenimenti interni che non ne favoriscono certo la crescita. Ma se in questo secolo le scuole europee non progrediscono come quella olandese, eccellenti costruzioni cartografice sono realizzate da singoli compilatori in varie parti del vecchio continente. Certamente Matteo Greuter è uno di questi e la sua Italia revista et augmentata di molti luoghi principali ne è una efficacissima testimonianza.

Nato a Strasburgo nel 1556, lavora a Lione, Avignone e a Roma. Si distingue per una tecnica estremamente accurata ed elegante, incidendo numerosi soggetti reli­giosi e mitologici. Ma è noto soprattutto per aver delineato una bella pianta di Roma (1608) e per questa carta d’Italia in 12 fogli, la più grande fino ad allora pubblica­ta. Di questa carta si conoscono altre tre edizioni, tutte rarissime. La prima, del 1657, viene pubblicata a Venezia da Stefano Mozzo Scolari. La seconda, del 1675, è stam­pata a Bologna da Pietro Todeschi, mentre la terza, del 1695, è una edizione romana della stamperia di Domenico de Rossi. L’Italia proposta, edizione veneta del 1657, è di dimensioni piuttosto ragguardevoli (m. 1,15 x 2,20) con una scala approssima­tiva di 1: 540.000. Composta da 12 fogli montati su tela, ha le longitudini proveni­enti dalle isole di Capo Verde. La toponomastica è in italiano e contiene figure alle­goriche delle varie regioni e piante prospettiche di alcune città. Le tre isole mag­giori, Sicilia, Sardegna, Corsica, sono inquadrate a parte. Un aspetto curioso di questa ‘Italia’ sta nella disposizione che il Greuter le ha dato, posizionandola oriz­zontalmente. Il perché è spiegato neilla carta stessa in un apposito cartiglio.

Considerato il successo ottenuto da precedenti realizzazioni, quali il grande planis­fero del De Wit del 1670 circa (dimensioni 1,83 x 1,25), anche per realizzare ques­ta bellissima Italia ci siamo attenuti alla stessa tecnica utilizzata nel Seicento; lastre finemente incise e utilizzo di un vecchio torchio manuale. La carta su cui viene trasferita l’immagine, in puro cotone al 100%, è stata reperita presso una antica cartiera, già operante quando questi capolavori vedevano la luce per la prima volta. Come l’originale, questa grande carta murale è stata montata su tela di cotone al 100%, operando un delicato e complesso lavoro di invecchiamento, con l’utilizzo di sostanze rigorosamente vegetali. L’eventuale operazione di colorituta ad acquarello, effettuata da maestri del settore che tengono conto dei secoli trascorsi nella compo­sizione e tonalità dei colori, riesce a mettere ancor più in rilievo la bellezza di ques­ta grande carta murale. Oggetto di molti studi di settore, questa Italia di Matteo Greuter revista et augmen­tata di molti luoghi principali costituisce, senza dubbio, uno dei più splendidi esem­pi di rappresentazione cartografica dell’epoca. Realizzata in un numero limitato di esemplari, uno di questi è entrato a far parte della cartoteca dello Stato italiano, pres­so la biblioteca dell’istituto Geografico Militare in Firenze, che ne ha riconosciuto la validità e l’importanza.

 

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